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domenica 28 marzo 2010

La verità e la fotografia


Pubblichiamo questo fantastico articolo di uno dei fotografi italiani più importanti del '900, il nostro amico cantastorie Tano D'Amico

La verità e la fotografia.
di Tano D'Amico

“Lasciatemi dire la verità sul nostro tempo e sulla gente” invoca, nei travagliati anni della repubblica di Weimar, August Sander, uno dei padri di tutti noi fotografi. “Che cosa è la verità?” risponde da sempre Ponzio Pilato dal palazzo di Erode. A Sander non andò proprio bene, i suoi libri ve...nnero bruciati dalle camicie brune, suo figlio morì in un lager. Lui riuscì solo a sopravvivere, ma le sue fotografie la verità riescono a dirla. La domanda di Pilato però rimane sempre, un fotografo prima o poi i conti ce li deve fare. I miei maestri i conti ce li hanno fatti per tutta la vita, senza lavarsene mai le mani. Loro, come Sander, pezzi di verità li hanno mostrati.
Ho guardato i loro occhi e il loro lavoro. Cercavo la verità, li guardavo e vedevo che occorreva tutto l’amore e tutta la tensione di una vita. Per una bella foto di reportage occorreva tutto l’amore e tutta la tensione di una vita. E non era ancora la verità, era solo una bella foto di reportage.
Una bella fotografia di reportage è un paradosso che non ho mai capito. Nasce perché il fotografo l’ha creata, l’ha aspettata, l’ha capita, l’ha fatta nascere proprio in quel luogo, proprio in quel momento, in quell’istante, in quella situazione.
E se quella fotografia vive, continua a vivere, ha vita propria è per tutto quello che l’allontana per tutto quello che va oltre quel posto, quel luogo, quel momento, quella situazione.
Per tutto quello che l’allontana dal suo significato letterale. Può essere relativamente facile produrre immagini che si reggono sugli avvenimenti. E’ molto difficile realizzare immagini a cui gli avvenimenti stessi si reggono nella memoria. Rimangono nella memoria costruiscono la nostra memoria. Ai miei maestri dobbiamo le immagini che fanno la nostra storia ma a loro non bastava. Non erano felici. Non erano soddisfatti.
Guardavo i loro occhi e pensavo che proprio lì la verità aveva preso coscienza di se stessa. Loro tentavano di farmi capire che la verità è così difficile che bisogna farla pezzettino per pezzettino. Non è qualcosa di inanimato, non è uno degli elementi che compongono l’universo. La verità non esiste in natura. La verità debbono farla gli uomini. La verità si fa. Costa cara, ma è il frutto delle pene degli uomini. La più bella creazione dell’uomo.

domenica 14 marzo 2010

Colombia: elezioni 2010

Ivan Bianchini
Bogotà

Oggi, 14 marzo 2010, qui in Colombia si sta svolgendo il primo turno delle elezioni.
Si rinnova il parlamento, si eleggono per la prima volta i rappresentanti al Parlamento Andino, e contemporaneamente si vota anche per le primarie di alcuni partiti. Il voto quindi è già di per sé abbastanza difficoltoso.
A questo si aggiungono tutte le varie difficoltà tipiche delle elezioni in questo paese.
Già nei giorni scorsi le valutazioni degli osservatori concordavano nel definire 430 municipi (all'incirca un terzo del totale) a rischio violenze, e una diffusione ancora maggiore della compra di voti da parte delle organizzazioni del narcotraffico.
Il rischio maggiore viene rilevato negli stati di Cordoba e Antioquia, per la presenza paramilitare, e in quelli di Narino, Choco, Arauca, Cauca e Valle del Cauca per la presenza guerrigliera.
Come consuetudine in periodo di elezioni, i gruppi guerriglieri hanno, da un lato indetto il paro armado (blocco armato di alcuni territori per rendere più difficoltose le operazioni di voto), e dall' altro avviato con alcuni parlamentari delle trattative per il rilascio di sequestrati.
Si sono da poco chiuse le urne e già arrivano notizie di numerosi casi di anomalie, tentativi di attentati sventati e scontri a fuoco.
I fatti più gravi negli stati del Cauca e di Narino con scontri a fuoco tra militari e guerriglieri.
Nonostante tutto, queste elezioni, passano per essere state le più tranquille degli ultimi trent' anni.
Le irregolarità maggiori sembrano essere avvenute più per via amministrativa che non per via violenta. Sembra esserci quindi un cambiamento della strategia di intervento nelle elezioni da parte dei gruppi paramilitari e narcos.
Dal 17 di febbraio ad oggi ci sono state 245 denunce per "delitto contro il suffragio", le più frequenti sono per "intervento illecito di funzionari pubblici nel processo di voto", "costrizione del votante", "corruzione del votante", "finanziamento di campagna elettorale con denaro illecito".
L' affluenza al voto, sempre piuttosto bassa, oscilla tra il 20% ed il 30%, e rispecchia sostanzialmente la composizione sociale colombiana, sono infatti i ceti ricchi e medi che partecipano al voto.
Il risultato è stato quindi abbastanza scontato, la destra conferma una stragrande maggioranza. La dichiarazione di incostituzionalità della ricandidatura dell' attuale presidente in carica, Uribe, da parte della Corte Costituzionale, appena due settimane fa, non ha portato a cambiamenti significativi.
Il partito della "U", del presidente Uribe, si conferma primo partito con il 24%. Al secondo posto il Partito Conservatore con il 22%, al terzo il Partito Liberale (centro-sinistra) con il 16%.
Il Polo Democratico Alternativo, unica forza dichiaratamente di sinistra, si posiziona solo al sesto posto con il 7% dei voti.
La politica della "Sicurezza Democratica", perno degli otto anni di governo uribista, che ha significato la violazione sistematica dei diritti civili, desaparecidos, fuga di interi villaggi dalle campagne per lasciare mano libera allo sfruttamento del territorio alle multinazionali straniere, squadroni della morte finanziati dalle stesse multinazionali, rimane, purtroppo, l' orizzonte futuro del popolo colombiano.

domenica 7 marzo 2010

La Laguna sacra di Guatavita

A pochi chilometri da Bogotà si può visitare la Laguna sacra di Guatavita, uno dei luoghi sacri agli indios Muiscas, che popolavano la zona fino all' arrivo degli spagnoli.
Gli indios, nel corso dei loro rituali di culto al dio Sole e alla dea Terra, gettavano offerte e doni nella laguna. Proprio da questo fatto si diffuse, tra gli spagnoli, la credenza che sul fondo della laguna giacesse un grande tesoro, l' El Dorado. Da allora, fino ad oggi, si sono susseguiti numerosi tentativi di svuotare la laguna ma nessuno di essi ha portato alla scoperta di ricchezze rilevanti.
Visitare questo luogo, e pagare il biglietto dell' ingresso al parco (8000 pesos per i colombiani, 15000 per gli stranieri), vale la pena esclusivamente se si desidera conoscere alcuni tratti della cultura precolombiana dei Muiscas (rituali, modi di vita, ecc...) e la particolarità geologica della laguna, di cui tutt'ora non si conosce l'origine certa. Per il resto il parco non offre particolari attrattive.
La cittadina di Guatavita invece merita una visita, pur essendo abbastanza turistica, è carina e può essere presa da esempio del tipo di gestione dello sviluppo colombiano. La vecchia città di Guatavita, infatti, fondata nel '600, è stata completamente sommersa e distrutta nel 1964 per far spazio ad una diga per il controllo del flusso del Rio Bogotà. La sua ricchezza storica ed archittettonica, tra cui una chiesa tra le più antiche della Colombia, sono quindi andate perdute.
La Guatavita attuale, quindi, è una cittadina molto recente, pulita, costruita con l'architettura tipica dei paesini di questa zona.
Alla fine di questo tour, di non più di un giorno, la sensazione che il tutto sia ad uso e consumo dei turisti rimane.









































giovedì 4 marzo 2010

Lo sciopero dei piccoli proprietari di autobus paralizza Bogotà.

Lo sciopero dei piccoli proprietari di autobus paralizza Bogotà.

Ivan Bianchini
4 marzo. Bogotà.

La capitale colombiana è completamente paralizzata da quattro giorni e si prevede che la paralisi proseguirà peggiorando. La causa è lo sciopero dei piccoli proprietari dei bus privati che trasportano, in una sorta di transumanza quotidiana, più di quattro milioni di persone, dai barrios poveri a lavorare nella zona ricca della città. Da oggi tutte le scuole pubbliche e private rimarranno chiuse, ed anche le altre attività sono perlopiù bloccate. La natura profondamente classista della struttura urbanistica e sociale della città si palesa ed implode.

I proprietari, e conducenti, delle 16000 bussette (così sono chiamati questi piccoli autobus che non hanno fermate fisse e si prendono chiamandole come un taxi) provengono anch’ essi dai quartieri poveri del sud e dell’ ovest di Bogotà. Sono persone che si sono indebitate fino al collo per poter ottenere un autobus, i cui proventi serviranno perlopiù a pagare le rate dello stesso autobus e per il minimo indispensabile per tirare avanti.

Lo sciopero è iniziato lunedì quando, l’ Alcalde di Bogotà, Samuel Moreno, ha cercato di imporre il loro inglobamento forzato nel Sistema Integrato di Trasporto Pubblico, che renderebbe, questi piccoli proprietari, dipendenti pubblici, e la viabilità più razionale e meno inquinante. Ciò che ha scatenato il blocco, non è l’ opposizione generale a questo tipo di progetto, ma il fatto che gli stipendi che l’Alcaldia di Bogota’ pagherebbe, sarebbero di molto inferiori al necessario per coprire i costi delle rate degli autobus e allo stipendio che mediamente un conducente di bussetta ricava dal suo lavoro.

Sin dalla mattina di lunedì, alcuni autobus che non partecipavano al blocco sono stati danneggiati a colpi di sassi. La tensione è salita martedì pomeriggio quando reparti dell’ ESMAD, la polizia antisommossa, famosa per la violenta repressione delle manifestazioni studentesche, ha caricato un presidio di manifestanti nel sud della città, gli scontri si sono estesi alla parte ovest dove sono proseguiti fino a tarda notte con episodi di saccheggio di alcuni piccoli negozi.
Tutti i quartieri periferici sono in agitazione, la situazione sta prendendo i connotati di una guerra sociale. Nella sola giornata di ieri, nel barrio di Suba ci sono stati cinquanta arresti, in maggioranza minorenni. La situazione giovanile nelle periferie è critica, l’accesso all’istruzione è difficilissimo e caro. I livelli di disoccupazione sono ai massimi storici, la mobilità sociale impossibile. E come succedeva da noi negli anni ’70 nelle grandi città del nord, molti di questi giovani non hanno mai visto il centro della loro città.

Da ieri sera, per ordine dell’ Alcaldia, è iniziato il coprifuoco e la completa militarizzazione nei quartieri di Bosa, Ciudad Bolivar, Usme, Kennedy, Soacha e Suba. Ossia di tutte le periferie, di quei quattro milioni di persone che costituiscono la manod’opera a basso costo di cui ha bisogno la parte ricca per continuare a produrre.
Le organizzazioni politiche storiche non riescono ad intercettare, gestire, organizzare o rappresentare il malcontento. Né tantomeno ne hanno intenzione. L’ astensionismo dal voto e la sfiducia nella politica qui tocca picchi dell’ ottanta percento.

L’ Alcaldia è nella crisi più totale, ha ammesso la situazione di caos in cui versa la città, ha dichiarato la chiusura di tutte le scuole per poter utilizzare gli autobus scolastici per il trasporto pubblico. Continua in un cieco muro contro muro con gli autisti, parla di condotta terrorista dello sciopero e minaccia di cancellare le licenze agli autisti che non prestano servizio.
Si parla di centinaia di migliaia di milioni di pesos andati in fumo nell’ economia bogotana. Anche i preparativi per le prossime elezioni del 14 marzo stanno subendo difficoltà e ritardi.

La trattativa prosegue su due livelli, uno direttamente con l’ Alcaldia e l’altro con il governo ed il Ministero dei trasporti. Entrambe sembrano abbastanza sterili. Da una parte l’ Alcalde, Samuel Moreno, eletto nelle liste del Polo Democratico Alternativo, l’ unico partito di sinistra di una certa consistenza, uscito dal partito nei mesi scorsi, cerca di non perdere completamente la faccia. Dall’ altra, il governo ed il fronte uribista, dopo l’ inammissibilità costituzionale alla rielezione di Uribe, cerca consensi per il nuovo candidato Santos, e sfrutta la situazione per dimostrare l’ incapacità della sinistra nel governo, non ha quindi interesse nel togliere la patata bollente dalle mani dell’ Alcalde e prosegue in complice silenzio.

Nelle periferie, con il coprifuoco e la militarizzazione, la tensione continua a salire. Le pietre continuano a volare sui blindati e sugli idranti della polizia. Ieri notte il primo colpo di pistola è stato sparato da un agente dell’ ESMAD, fortunatamente a vuoto. Ma il primo colpo è stato sparato, e le banlieue bogotane sembrano sull’ orlo di esplodere.